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Chi sono io che dipingo

Ce n’è voluta di strada per capire chi sono!

Eppure la risposta me l’ero già data in un momento di sana e lucida follia.

Immaginando di vedermi da distante e volermi raccontare, pensai subito ad una curiosa personcina dalla personalità molteplice, intitolando il racconto “Chi sono io che dipingo

“Ecco quello che le accadde: dal viso paffuto non sempre piaciuto, derisa da gretti compagni di scuola, cominciò fin da bambina a tingersi gli occhi di azzurro e le labbra di rosso, con tale insistenza che la pelle candida e immacolata del viso, satura di colore, li assorbì.
Gli organi che subirono conseguenze irreparabili furono cervello e cuore e, inevitabilmente, la sua anima.
Il liquido rosso ne pervase ogni poro, colorandole ad intermittenza le guance; ma fu l’azzurro a provocare i danni più seri.
Gli occhi cominciarono a vedere solo cieli tersi, popolati da nuvole danzanti.
E il cervello inondato di pigmenti si squagliò in mille parti rendendola così vulnerabile, sfaccettata e talvolta incostante. Gli arti infine, presero a muoversi in modo elastico, come fossero trasportati dal fluire di un torrente ed il cuore, porta dell’anima, cominciò a pulsare ancora e ancora,
e per sempre pulserà per amore, appunto, del colore.”

Da Elisa ad Elisa posso definirmi una pittrice ed una decoratrice, ed amo distinguere i due mondi, perché essi sono vicini e distanti allo stesso tempo. Osservo ciò che mi circonda con gli occhi della pittrice, con il desiderio di reimpastarlo tutto tra le mie mani e colorarlo dei miei colori, ma allo stesso tempo amo scegliere dei supporti sempre differenti, decorare mobili, pannelli, tessuti, antiche porte e pareti. Nella varietà dei supporti trovo stimolo per affermare la mia essenza di pittrice. La ricerca del colore stabilisce il contatto più profondo tra il mio spirito e quello dell’oggetto che ho di fronte, perché è l’oggetto a chiamarti, e a cercare il contatto con una tonalità di colore, piuttosto che un’altra, un po’ più rossa, un po’ più ocra, un po’ più terrosa. Si crea un processo di scambio sensibile in cui l’oggetto ti chiama a sé come veicolo del colore.

Sento una grande responsabilità ed una immensa riconoscenza per il mio mestiere. Il ruolo di una decoratrice è quello di entrare in punta di scarpette nei sogni di un cliente, di aiutarlo a toccare le vibrazioni naturali dei suoi desideri per la casa, perché diventi specchio sereno di stati d’animo molto personali. Insieme, molte volte, si prendono direzioni inaspettate; ma quando la casa, con interventi mirati, prende piano piano la forma del desiderio, l’emozione è grande per entrambi! Considero “istinto” e “valutazione ponderata” le due chiavi di una buona riuscita di un intervento decorativo. L’istinto è la percezione istantanea di quello che un ambiente nuovo ci suggerisce, arriva potente e preciso e si sofferma sui particolari (un suono, un odore, un frammento visivo; non puoi saperlo prima di trovarti nel momento preciso), mentre la valutazione successiva, basata sul dialogo tra il cliente e chi allestisce la casa, dà una lettura armonica ed estesa all’impatto iniziale.

All’età di 28 anni mi laureo in Storia dell’Arte ed il giorno esattamente successivo alla proclamazione mi viene data l’occasione di dipingere una bella angoliera di casa. Entro per la prima volta in un laboratorio e sento di appartenerci, nonostante la mia formazione di famiglia intellettuale. Lavoro per anni con privati e prestando la mia mano d’opera. Nel 2013 con RDP Studio Milano parto con una squadra di lavoro per Baku (Azerbaijan) per eseguire la doratura del teatro centrale della città; che esperienza, ancora mi emoziono al ricordo e pensando a chi ho incontarto in quel viaggio. Fino all’incontro con un professionista della lavorazione del mobile, con il quale ho lavorato a stretto contatto per sei mesi; grande è il bagaglio lavorativo, emozionale e umano che mi ha impartito e gliene sarò per sempre grata.

Ora lavoro per “Elisaschiesaricreazioni” nel mio atelier della campagna veneta.

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